Un nuovo appuntamento di Racconti della Natura
con l'autrice Silvia Bencivelli ed Elena Canadelli
venerdì 17 maggio, ore 18.30
Sono visitabili l'Orto antico, le serre ottocentesche, l’arboreto e il Museo botanico
scopri di piùIl nuovo progetto di restauro coinvolge la fontana centrale, le fonti d’acqua dei quattro quarti, la fontana di Teofrasto e quella delle Quattro stagioni
scopri di piùIl nuovo biglietto integrato dell'Università di Padova
Scopri di piùSpecie botaniche
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Allium ampeloprasum
Il porraccio è una pianta a distribuzione eurimediterranea presente in tutte le regioni d’Italia salvo che in Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige (avventizia in Sardegna). Cresce nei vigneti su antichi terrazzamenti e presso gli abitati, su suoli argillosi abbastanza profondi, ma anche su vecchi muri in pietra, in incolti aridi, ai bordi dei campi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore. Le cellule intatte di tutti gli Allium contengono alliina, un amminoacido inodore che per azione dell'enzima alliinasi, liberantesi con la rottura del bulbo, si trasforma in allicina, composto fortemente odoroso; tutte le specie di Allium possiedono diverse proprietà medicinali; bulbi e foglie sono commestibili. Il nome generico, già in uso presso i romani, deriva da una radice indoeuropea che significa 'caldo', 'bruciante', per l'odore e sapore pungenti dei bulbi; il nome specifico deriva dal greco 'ampelos' (vite) e 'prason' (porro). Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Paris quadrifolia
L’uva di volpe è una specie a vasta distribuzione eurasiatica presente in tutte le regioni dell’Italia continentale salvo che in Puglia (ma è ormai estinta nella pianura padana per la distruzione degli habitat boschivi). Cresce in boschi umidi di latifoglie decidue e di conifere, in posizioni ombreggiate, su suoli piuttosto freschi e ricchi in sustanza organica, dal livello del mare alla fascia alpina, ma con optimum nella fascia montana. Contiene diverse sostanze tossiche, tra cui i glucosidi paridina e paristifina, asparagina e resine; particolarmente pericolose sono le bacche, che spesso vengono confuse con frutti di bosco commestibili. Il nome generico deriva dal latino 'par' (pari) per il numero di foglie che solitamente sono quattro; il nome specifico si riferisce alle quattro foglie disposte in un unico verticillo. Forma biologica: geofita rizomatosa. Periodo di fioritura: maggio-agosto.
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Citrus limon
Il limone è probabilmente un ibrido tra l’arancio amaro (Citrus x aurantium) e il cedro (Citrus medica), uno degli agrumi più sensibili al freddo. I limoni furono introdotti in Italia meridionale verso il primo secolo d.C., al tempo dei romani, ma non vennero ampiamente coltivati se non dopo la seconda re-introduzione, dovuta agli arabi, tra il 1000 e il 1150; la prima sostanziale coltivazione di limoni al di fuori dei territori arabi iniziò a Genova verso la metà del XV secolo. Oggi in Italia la coltivazione è limitata alle aree costiere ioniche e tirreniche della Sicilia, Calabria e Campania, in numerose cultivar. Coltivato soprattutto come pianta da frutto, ha rivestito notevole importanza nell'economia locale, non solo per il commercio del frutto, ma anche per l'industria dell'acido citrico. Nel dopoguerra la produzione di citrato per via fermentativa ha soppiantato l'utilizzazione del limone, con grave danno per l'agrumicoltura. Il frutto è particolarmente ricco di vitamine. Il nome generico probabilmente deriva da una lingua pre-indoeuropea, in greco 'citron' e in latino 'citrus', per indicare il cedro, agrume di origine indiana introdotto in Persia e poi in Grecia da Alessandro Magno; il nome specifico deriva probabilmente da un vocabolo di provenienza orientale, arabo o persiano ('limúm'), introdotto in Occidente dagli arabi e dai Crociati insieme alla pianta. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: tutto l’anno.
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Haplophyllum patavinum
Haplophyllum patavinum
La ruta padovana è una specie appartenente diffusa dai Balcani (dall'Albania all'Istria Slovena con stazioni relitte in Romania), con una disgiunzione nei Colli Euganei, ove trova il limite settentrionale ed occidentale dell'areale di distribuzione tra Arquà Petrarca e Valle San Giorgio. La specie è stata recentemente accertata anche nelle vicinanze della stazione storica di Mondonego nei pressi di Valsanzibio, dove non era stata più segnalata. È una pianta termofila e calcicola, che si insedia sulla scaglia calcarea e si espande su substrati non consolidati: una stabilizzazione del terreno e la conseguente chiusura della vegetazione portano alla sua rarefazione e scomparsa. Nelle stazioni euganee molte piante si presentano disposte in fila, lungo una linea perfettamente diritta, perché collegate da un rizoma a decorso orizzontale (riproduzione vegetativa); talvolta si osservano fusticini isolati che derivano da semi. Fu scoperta dal botanico fiorentino Pier Antonio Micheli nel giugno del 1722 durante un'escursione presso Sassonegro, vicino ad Arquà Petrarca. Il nome generico deriva dal greco 'háplos' (semplice) e 'phýllon' (foglia), alludendo alle foglie in gran parte semplici, il nome specifico si riferisce alla città di Padova. Forma biologica: camefita suffruticosa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Moehringia bavarica
Sulle rupi ombrose calcaree, talvolta strapiombanti, della Lessinia cresce una piccola pianta della famiglia delle Caryophyllaceae che in Italia troviamo in Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto. I fusticini, legnosi alla base, crescono penduli, formando dei cuscinetti semisferici abbarbicati alle rocce. Le foglie sono glabre, di colore verde chiaro, lineari, quasi cilindriche perché spesso lievemente succulente. I fiori a forma di stella hanno 5 petali bianchi.
Il nome del genere è dedicato al naturalista tedesco Paul Heinrich Gerhard Mœhring (1710÷1792), mentre quello della specie deriva da bavaricus, cioè bavarese.
Nella Lista Rossa del Veneto è classificata come “LC”, cioè a minor rischio.
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Cycas revoluta
La cycas, scoperta alla fine del Settecento, è nativa del Giappone meridionale; fu messa per la prima volta a dimora in Europa nel 1793, presso l'Orto botanico di Palermo. Cresce in terreni sabbiosi, ben drenati, in aree con estati molto calde (temperature medie di 30-35°C) ma tollera anche climi con temperature più basse; l’occasionale esposizione a temperature al di sotto dello zero può però causare danni alle foglie. Il midollo del tronco è utilizzato per la preparazione del sago, una fecola di impiego alimentare; nei luoghi di produzione il sago rappresenta un prodotto di notevole importanza alimentare e viene anche esportato. La pianta, anche in quantità limitate, se ingerita da cani o gatti può provocare danni respiratori ed epatici, e nei casi più gravi la morte; il nome specifico si riferisce al caratteristico aspetto revoluto delle foglie giovani.
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Casimiroa edulis
Chiamata comunemente col nome di sapote bianco, Casimiroa edulis è una specie sempreverde originaria del Messico, Guatemala e limitrofi, che appartiene alla stessa famiglia del limone. E’ un albero a rapida crescita, che può raggiungere i 18 m di altezza, con corteccia verde grigiastra con lenticelle. Le foglie sono palmate, composte da 3-7 foglioline ovali ad apice acuto, da giovani di color rosso rame, poi verde scuro. In primavera la pianta produce fiori in grappoli, verdi-giallastri, poco vistosi e inodori. I frutti sono drupe di forma sferica che possono arrivare a 10 cm di diametro, sono giallo verdognole dal sapore ottimo.
La buccia sottile racchiude una polpa bianca di consistenza burrosa, ricca di vitamina A e C e particolarmente dolce, in quanto contiene oltre il 26% di zuccheri. Il frutto contiene fino a 5 semi, di aspetto simile a quelli del limone, ma di dimensioni molto maggiori, duri, amari e non commestibili. Corteccia, foglie e semi contengono molti metaboliti, fra cui la zapotina e la casimiroina.
Il sapote era noto alle civiltà precolombiane che ne utilizzavano i frutti commestibili e per le proprietà ipnotiche e allucinogene della farina ricavata dai semi. Infatti il nome nell’antica lingua indigena messicana nahuatl significa “zapote del sonno”. Il tè preparato con le foglie veniva usato per stimolare le visioni oniriche. Recenti studi hanno confermato le proprietà antinfiammatorie, antipertensive e sedative della pianta.
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Prunus avium
Il ciliegio è un albero deciduo oggi divenuto subcosmopolita per coltivazione in diverse varietà; l'areale originario dovrebbe essere il territorio che va dal Caucaso ai Balcani; secondo alcuni autori che si rifacevano agli scritti di Plinio, l'ingentilimento e la messa a coltura sono iniziati nell'Asia occidentale; tuttavia, i semi sono stati trovati in depositi archeologici presso insediamenti dell'età del bronzo antico in tutta Europa, compresa la Gran Bretagna, oppure presso Desenzano del Garda e Lonato. Allo stato coltivato il ciliegio è comune in tutta Italia sino alla fascia montana inferiore; allo stato subspontaneo è diffuso ma non sempre comune e cresce in boschi mesofili maturi e talvolta nelle siepi, su suoli argillosi piuttosto profondi e abbastanza ricchi in composti azotati, al di sotto della fascia montana. Si coltiva per il frutto fresco o da conservare in alcool, come pianta ornamentale, per la ricca fioritura primaverile e per l'aspetto che acquisisce in autunno con l'ingiallimento delle foglie, oppure per il legname. Il legno è duro, a grana uniforme, dalle tonalità calde, bruno-rossicce, e si presta per la costruzione di mobili di pregio e lavori al tornio. Le foglie contengono una sostanza colorante viola. Il nome generico, già in uso presso i Romani, è di etimologia incerta (deriva comunque dal greco ‘prunon’, che significa ‘prugna’), quello specifico in latino significa 'degli uccelli'. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Schinus molle
Il falso pepe del Perù è un albero-arbusto originario delle aree subdesertiche delle Ande, dal Perù al Cile Centrale e all’Argentina nordoccidentale, coltivato a scopo ornamentale nelle parti più calde della regione mediterranea, compresa l’Italia; in Sud Africa e in Australia è divenuto localmente invasivo. Nelle aree di origine alla pianta si attribuiscono proprietà antibatteriche e insetticide; il frutto ha la stessa grandezza del vero pepe e un sapore piccante e viene ancor oggi commercializzato in misture con il vero pepe, anche se sembra essere tossico per gli animali. Il nome generico deriva dal greco ‘schinos’, l’antico nome del lentisco, per la somiglianza di foglie e frutti e la presenza di resine. Forma biologica: fanerofita scaposa.
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Olea europaea
L'olivo è l'albero mediterraneo per eccellenza; originario delle regioni mediterranee e dell'Asia minore, è stato utilizzato e diffuso fin dall'antichità per l'estrazione dell'olio e per l'impiego diretto dei frutti nell'alimentazione. In Italia è spontaneo o coltivato in tutta l'area mediterranea, dal livello del mare ai 900 metri circa. L'olivo coltivato ha portamento arboreo, ed è derivato dall'oleastro, la forma spontanea, che si distingue per i rami giovani duri e spinescenti, i frutti più piccoli, le foglie più piccole e ovali ed il portamento arbustivo. Il legno dell'olivo è molto pregiato, durissimo, a grana forte, di colore giallo-bruno, si presta per lavori al tornio e d'incisione. L'olivo è anche una bellissima pianta ornamentale il cui utilizzo come tale si è diffuso negli ultimi anni in gran parte della pianura padana, favorito dalla concomitanza di inverni abbastanza miti. Il nome generico è quello utilizzato dai romani, e deriva dal greco 'elaia'; il nome specifico fa riferimento all'areale tipicamente mediterraneo. Forma biologica: fanerofita cespugliosa/fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Epipactis thesaurensis
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Epipactis palustris) appartiene allo stesso genere.
Il nome della specie deriva dal Monte Tesoro, nel territorio del comune di S. Anna d’Alfaedo, nel settore occidentale dei Monti Lessini. E’ nota unicamente per la Lessinia veronese, con due stazioni nella parte occidentale e una nella parte orientale, scoperta nel 2009. Predilige i boschi di latifoglie, su suolo poco acido, da 650 a 900 m di quota. Alta fino a 40 cm, lungo il fusto presenta foglie molto lunghe, infiorescenza con fiori penduli e poco aperti, con sepali verdi e petali di verdognoli con sfumature rosate, caratterizzati dalla parte apicale del labello, chiamata epichilo, di color violetto. Fiorisce nella stagione estiva, in luglio.
E’ stata descritta recentemente, nel 2007, e la sua distribuzione è ancora in fase di studio, come pure ancora dibattuta è la sua posizione tassonomica.
Nella Lista Rossa del Veneto è classificata come “NT”, quasi a rischio di estinzione.
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Prunus dulcis
Il mandorlo è una pianta originaria dell'Europa e dell'Asia occidentale, coltivata in tutto il territorio italiano e talvolta presente allo stato subspontaneo, segnalata come specie avventizia in quasi tutta Italia, dal livello del mare agli 800 metri circa. Le mandorle sono da sempre usate a scopo alimentare e medicinale. Vengono consumate fresche o usate per la preparazione di svariati dolci; le mandorle amare, ottenute da una varietà selezionata, conferiscono ai prodotti di pasticceria un gusto particolare, ma vanno usate con moderazione per la loro ben nota tossicità dovuta a elevate quantità di glicosidi cianogenetici ad azione tossica. L'olio di mandorle ottenuto dalla spremitura di mandorle dolci e soprattutto amare (private delle sostanze tossiche con distillazione) è un cosmetico famoso fin dall'antichità. Il latte di mandorle è un ottimo antinfiammatorio. Il nome generico, già in uso presso i Romani, è di etimologia incerta (deriva comunque dal greco ‘prunon’, che significa ‘prugna’). Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: (gennaio)febbraio-marzo.