You can visit the Old Garden, the 19th-century greenhouses, the arboretum, and the Botanical Museum
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Find out moreThe new restoration project involve the central fountain, the fountains of the quarters, of Theophrastus and of the Four Seasons
Find out moreSpecie botaniche
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Malva sylvestris
La malva comune è una specie originariamente diffusa dall'Europa centro-meridionale all'Asia ma oggi divenuta subcosmopolita, presente in tutte le regioni d'Italia. Cresce in ambienti ruderali lungo le vie e alla base dei muri, nelle discariche, nelle aiuole, in giardini e orti, su suoli da sabbiosi a limoso-argillosi, spesso subaridi d'estate, ricchi in composti azotati, dal livello del mare alla fascia montana. La pianta è ricca di mucillagini e ha avuto diversi impieghi come pianta medicinale sin dall'antichità per le proprietà emollienti, calmanti, antifiammatorie, espettoranti e lassative; i frutti immaturi e i getti giovani sono commestibili in insalata. Il nome generico deriva dal greco 'malàkhe' (molle, emolliente) in relazione alle proprietà emollienti dei frutti non maturi, delle foglie e dei germogli; il nome specifico potrebbe trarre in inganno in quanto non si tratta di una specie boschiva. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-settembre.
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Centaurea tommasinii
E’ una specie molto vicina al fiordaliso, ha fiori rosa e vive nelle zone sabbiose e aride dei litorali adriatici dal Friuli alle Marche e nelle dune fossili del Delta del Po. Può formare popolazioni molto numerose, dando luogo a splendide fioriture nel periodo da giugno a luglio. Fusto e foglie sono coperti da peli chiari che le conferiscono una colorazione argentata. Le foglie basali sono divise in lacinie sottili.
Nella Lista Rossa del Veneto è classificata come “NT”, quasi a rischio di estinzione.
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Thevetia peruviana
E’ di origine americana questo elegante arbusto dalle lunghe foglie lineari, larghe meno di 1 cm e lunghe anche 20cm. I fiori campanulati presentano cinque petali, parzialmente sovrapposti e intensamente colorati in giallo vivo. Alla loro forma è dovuto il nome comune inglese, oleandro giallo. I frutti sono drupe verdi che contengono un glucoside cardioattivo chiamato thevetina che ha azione simile a quella della digitale.
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Limonium densissimum
Limonium densissimum
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Limonium narbonense) appartiene allo stesso genere.
Specie presente lungo le coste romagnole, venete, friulane e sicule, in dubbio per Sardegna. Cresce in bassure salmastre dietro alle dune. Il nome generico deriva dal greco 'leimon' (prato); quello specifico deriva dal latino 'densus' (fitto). Forma biologica: emicriptofita rosulata. Periodo di fioritura: giugno-agosto.
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Cordyline australis
L'albero-cavolo, come viene chiamato nell’area di origine, è la più alta delle cinque specie di Cordyline native della Nuova Zelanda. La specie è diffusa da Capo Nord alla parte meridionale della South Island, dove diventa sempre meno comune, raggiungendo il limite meridionale a Sandy Point vicino Oreti Beach. In natura si comporta da specie pioniera che necessita di spazi aperti. L'albero era ben noto ai maori prima della sua descrizione scientifica: ogni tribù aveva nomi diversi per l'albero a seconda degli usi locali; il più usato, ‘Ti Kouka’, si riferisce all'uso delle giovani foglie come cibo. I fusti e rizomi carnosi di sono ricchi di zuccheri naturali e venivano cotti al vapore per produrre un alimento ricco di carboidrati utilizzato anche per dolcificare altri alimenti. Il ciuffo apicale di foglie giovani, simile a un cuore di carciofo, è commestibile da cotto. Una fibra dura e resistente alla salsedine viene ottenuta dalle foglie è stato estratto dalle foglie. La specie, introdotta in Gran Bretagna nel 1823, è oggi ampiamente usata a scopo ornamentale nelle parti più calde d’Europa, con diverse cultivar che differiscono soprattutto nella colorazione delle foglie. Il nome generico deriva dal greco ‘kordyle (clava), in riferimento alle parti ipogee ingrossate, quello specifico si riferisce alla provenienza dall’emisfero australe. Forma biologica: fanerofita scaposa. Syn.: Dracaena australis G. Forst.
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Vitis vinifera
La vite è una liana decidua tipicamente mediterranea, oggi coltivata in tutte le aree del globo con clima di tipo mediterraneo (California, Cile Centrale, Sudafrica, Australia meridionale). I primi riferimenti storici alla vite e al vino si trovano tra i Sumeri nell'Epopea di Gilgamesh (III millennio a.C.); testimonianze della coltura si hanno in numerosi geroglifici egizi, presso i quali il vino era bevanda riservata ai sacerdoti, agli alti funzionari e ai re. Furono i Greci ad introdurre la vitivinicoltura in Europa, già in epoca minoica. Esiodo descrive in dettaglio pratiche di vendemmia e di vinificazione e numerosi sono i riferimenti alla vite e al vino anche in Omero. Ai coloni greci si deve l’introduzione della viticoltura in Italia meridionale, dove la pianta incontrò condizioni climatiche e pedologiche ideali, al punto da far meritare alla regione il nome di Enotria. Studi paleontologici hanno però dimostrato che la pianta della vite era già diffusa in Italia, in particolare in Toscana, dove esisteva prima della comparsa degli etruschi. I Romani perfezionarono ulteriormente le tecniche vitivinicole apprese dagli etruschi, come illustrato da numerose opere, in cui si ritrovano concetti biologici e tecniche di coltura tuttora validi. Nel XIX secolo due malattie fungine e un insetto provenienti dall'America sconvolgono la vite: la peronospora della vite, l'oidio e la fillossera, che distrussero vaste estensioni di vigneti tra il 1870 e il 1950. I coltivatori furono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti su specie (e ibridi) di origine americana (Vitis berlandieri, V. rupestris e V. riparia), resistenti alla fillossera, e a utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo e il rame per contrastare l'oidio e la peronospora. A volte la vite appare anche allo stato subspontaneo, in arbusteti e siepi presso gli abitati rurali ed in vegetazioni ruderali, su suoli limoso-argillosi mediamente profondi, neutro-subacidi, ricchi in composti azotati. Il nome generico è il nome latino della vite, che deriva da 'viere' (legare), in riferimento alla flessibilità dei rami; il nome specifico si riferisce alla coltivazione per produrre il vino. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Picea abies
L'abete rosso è un albero sempreverde a distribuzione eurosiberiana che in Italia è comune e abbondante sulle Alpi, al di sopra della fascia montana superiore ove domina la fascia oroboreale, con optimum sulle catene interne a clima più continentale, raggiungendo allo stato spontaneo l'Appennino settentrionale. Al di fuori dell’areale naturale la specie è spesso usata per rimboschimenti e frequentemente coltivata a scopo ornamentale in parchi e giardini, anche a quote basse, anche perché è una delle specie più frequentemente usate per gli alberi di Natale (anche se il vero albero di Natale della tradizione germanica non è l’abete rosso ma l’abete bianco (Abies alba, in Tedesco ‘Tanne’, da cui ‘Tannenbaum’). Dalla corteccia si ricava tannino e dalla resina la 'Resina di Borgogna' e la 'Trementina di Strasburgo'. Il legno è di colore chiaro, poco pesante e tenero, facilmente lavorabile e perciò largamente impiegato nella costruzione di mobilio non di pregio. Il legno ha anche un forte potere calorifico dato dalla resina, maggiore di quello di molte latifoglie. Il nome generico deriva dal latino 'pix' (resina o pece), sostanza prodotta in gran quantità da questi alberi. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio. Syn.: Picea excelsa (Lam.)
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Apium graveolens
Il sedano è una specie di origine incerta: forme selvatiche si trovano in zone paludose dell’Europa meridionale e dell'Asia occidentale, in particolare nella porzione orientale dell’area mediterranea; da queste è iniziata la coltivazione sin da tempi molto antichi. Foglie e infiorescenze di sedano erano parte delle ghirlande rinvenute nella tomba del faraone Tutankhamon (morto nel 1323 a.C.) e frutti risalenti al VII secolo a.C. sono stati recuperati a Samos. In entrambi i luoghi il sedano è spontaneo, per cui è difficile stabilire se questi resti rappresentino forme selvatiche o coltivate. Nell'Iliade, i cavalli dei mirmidoni pascolano sul sedano selvatico che cresce nelle paludi di Troia e nell'Odissea si parla di prati di sedano che circondano la grotta di Calipso. Nella Grecia classica il sedano era associato alle divinità ctonie, e foglie di sedano venivano utilizzate come ghirlande per i morti. Oggi il sedano è coltivato in tutto il mondo. In Italia vi sono sia popolazioni naturali, soprattutto al centro-sud, che popolazioni in cui la specie appare allo stato subspontaneo sfuggendo dalla coltivazione, soprattutto in ambienti piuttosto caldi e umidi vicino agli abitati. La coltivazione millenaria ha portato allo sviluppo di diverse cultivar, tra cui il sedano da coste (var. dulce) di cui si utilizzano i piccioli, il sedano-rapa (var. rapaceum) di cui si utilizza la radice e diverse varietà di sedano da foglie. Alla pianta vengono attribuite proprietà aperitive, digestive, diuretiche e carminative. Il nome generico è quello usato dai Romani per il sedano, il nome specifico deriva dal latino da ‘grávis’ (grave) e ‘óleo’ (io esalo) e si riferisce all’intenso odore della pianta. Forma biologica: emicriptofita bienne. Periodo di fioritura: maggio-settembre.
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Eugenia uniflora
Viene chiamata anche “Ciliegia di Cayenna”, “Pitanga” o “Ciliegia del Brasile”, in riferimento al suo areale d’origine, questa specie appartiene alla famiglia delle Mirtaceae. E’ una specie arborea di dimensioni modeste, con chioma molto ramificata e folta e foglie opposte, ovali, con margine intero, coriacee e aromatiche, molto decorative perché di colore verde intenso e lucide superiormente.
I fiori sono piccoli, con corolla di 4 petali bianchi caduchi, calice con sepali rivolti all’indietro e persistente e numerosi stami. Il frutto è una bacca tonda e schiacciata ai due poli, con coste longitudinali e contiene un unico seme grosso e rugoso. La maturazione dei frutti è scalare perciò molto decorativa, in quanto sulla stessa pianta sono presenti contemporaneamente frutti maturi di color rosso, arancioni a maturità intermedia e immaturi verdi. La polpa arancione è molto profumata, ricca di vitamina C. Il frutto viene consumato fresco o in confetture, sciroppi, gelati e bibite. In Brasile dalla fermentazione del succo si ricava una bevanda alcolica.
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Crocus sativus
Crocus sativus
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Olea europaea
L'olivo è l'albero mediterraneo per eccellenza; originario delle regioni mediterranee e dell'Asia minore, è stato utilizzato e diffuso fin dall'antichità per l'estrazione dell'olio e per l'impiego diretto dei frutti nell'alimentazione. In Italia è spontaneo o coltivato in tutta l'area mediterranea, dal livello del mare ai 900 metri circa. L'olivo coltivato ha portamento arboreo, ed è derivato dall'oleastro, la forma spontanea, che si distingue per i rami giovani duri e spinescenti, i frutti più piccoli, le foglie più piccole e ovali ed il portamento arbustivo. Il legno dell'olivo è molto pregiato, durissimo, a grana forte, di colore giallo-bruno, si presta per lavori al tornio e d'incisione. L'olivo è anche una bellissima pianta ornamentale il cui utilizzo come tale si è diffuso negli ultimi anni in gran parte della pianura padana, favorito dalla concomitanza di inverni abbastanza miti. Il nome generico è quello utilizzato dai romani, e deriva dal greco 'elaia'; il nome specifico fa riferimento all'areale tipicamente mediterraneo. Forma biologica: fanerofita cespugliosa/fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Petroselinum crispum
Il prezzemolo è una specie di origine mediterranea, ampiamente coltivata in tutta Italia e a volte presente come pianta avventizia allo stato subspontaneo nei coltivi e negli incolti. Le foglie sono notissime come condimento; in alcuni paesi dell’Europa orientale è popolare anche una cultivar a radice ingrossata, che viene consumata fresca o cotta; la pianta ha proprietà diuretiche e sudorifere, dovute principalmente ad una sostanza flavonica: l'apioside. Anticamente era utilizzato anche come emmenagogo e abortivo, a causa dell'apiolo, un componente che contrae la muscolatura liscia dell'intestino, vescica e utero; è sconsigliato l'uso di prezzemolo in quantità massicce non controllate, dato che può provocare notevoli intossicazioni. Il nome generico deriva dal greco ‘pétra’ (pietra) e ‘sélinon’ (sedano, prezzemolo), quello specifico allude all’aspetto increspato delle foglie. Forma biologica: emicriptofita scaposa/ emicriptofita bienne. Periodo di fioritura: maggio-settembre.